Presidente argentino dal 10 dicembre 2023,
È un genio o un pericoloso reazionario?
Nato a Buenos Aires il 22 ottobre 1970, laureato in economia con due master e decine di pubblicazioni. In breve, il CV del neo presidente, sconosciuto in Italia fino a un mese fa. Di lui è stato detto di tutto: dipinto come un pericoloso fascista, un nostalgico del regime militare, un pazzo. In realtà, questa narrazione squisitamente italiana mostra, se mai ce ne fosse bisogno, l’approssimazione e la pericolosa superficialità di un giornalismo provinciale asservito a schemi di lettura eurocentrici.
Javier Milei è probabilmente un leader politico che rompe gli schemi, atteggiandosi a “loco”, ma semplicemente interpretando con passione le sue convinzioni. L’Argentina, tra tutti i paesi latinoamericani, è quella che ha alternato periodi di prosperità a periodi di profonda crisi socioeconomica, un paese ricco di risorse ma spesso prigioniero di se stesso. Un paese che ha provato più volte il significato della parola default e ha assaggiato la frustrazione dell’iperinflazione.
Purtroppo, l’Argentina è come se fosse prigioniera di un loop che periodicamente la porta verso questi due flagelli economici. L’attuale situazione economica argentina stava nuovamente ripresentando lo spettro di entrambe, non solo da parte di Milei, ma da parte di tutti, erano un iceberg ormai prossimo all’impatto.
Milei ha sempre sostenuto che i suoi avversari curavano gli effetti, non accorgendosi che le cause alla base dell’inflazione al 140% annuo e dell’impossibilità di poter sostenere il debito pubblico stavano diventando inalterabili. Per poterle rimuovere, occorreva ed occorre uno shock.
Javier Milei si definisce un anarcocapitalista, un libertario. Il suo motto è “Viva la libertà, Carrajo”, molto distante da una visione corporativista di estrema destra reazionaria o fascista. Nel vecchio continente, la fretta di demonizzare il nuovo presidente ha portato molti giornali italiani a darne una descrizione di pericoloso reazionario, salutato e ringraziato per primo da Trump e Bolsonaro.
Milei in America Latina non era sconosciuto e non è arrivato dal nulla. Ha il merito di aver portato l’opinione pubblica a porsi domande su come la politica entri nella vita di tutti e come spesso i politici siano la causa dei problemi che cercano di rimediare. Lui stesso dice: “Lo Stato che chiama contribuente l’individuo a cui estorce denaro è come lo stupratore che chiama fidanzata la sua vittima” oppure quando dichiara che “quando i politici si inventano di dare un diritto a qualcuno, qualcun altro deve pagare, e chi paga è sempre chi lavora”.
Milei non ha stima per i politici e li definisce “feccia”, adattabili a tutto senza toccare i loro privilegi di casta. Non hanno aggiustato niente. Invece di ridurre la spesa pubblica, che è quello che avrebbero dovuto fare, hanno deciso di aumentare le tasse.
Quest’ultima affermazione credo possa essere largamente condivisa da molti italiani. Difficilmente una visione di destra fortemente statalista e con un forte controllo politico della società, come fu quella fascista, potrebbe collimare con questo modo di pensare.
Per Milei, l’Argentina ha vissuto il suo periodo più nero con l’esperienza peronista, l’inizio del suo inesorabile declino economico causato dalla nazionalizzazione di molte attività, dal corporativismo, dalla burocratizzazione, dalla politica protezionista e dalla sindacalizzazione. Tutte misure che il peronismo utilizzava nel tentativo di bilanciare il capitalismo con un forte intervento statale per raggiungere una maggiore giustizia sociale, ma che hanno portato a una più equa povertà.
Milei, da buon liberale, è convinto che il luddismo, i monopoli e l’interventismo statale siano alla base dell’impoverimento del paese e debbano essere rimossi il più rapidamente possibile senza gradualità. Un esempio è il divieto da parte delle istituzioni di utilizzare uno strumento nuovo come l’Uber, divieto protezionistico che ha danneggiato solo i consumatori.
Il neopresidente argentino, Javier Milei, è anzitutto un economista che sostiene l’importanza primaria del libero scambio e della concorrenza come fattore essenziale della crescita ed è riuscito a fare parlare di questi problemi alla popolazione che, adesso divisa, lo ha eletto con l’unico programma e patto di ridurre l’inflazione e il debito pubblico per riportare l’Argentina a una normalità ormai non scontata. Sia prima che dopo l’insediamento, non ha fatto mistero delle difficoltà e del dissesto economico, indicando come unica soluzione un intervento di privatizzazione, liberalizzazione dei mercati e riduzione drastica dei costi della politica e dello stato, considerati da molti una forma di regali politici alla criminalità e corruzione.
Sua la proposta di regalare la compagnia aerea di stato ai lavoratori convinto che il deficit creato sia causa della cecità politica che non conosce il lavoro. Curiosa coincidenza il fatto che il debito accumulato dalla Aerolineas Argentina ammonti a circa 10 miliardi di dollari, grossomodo a quanto era arrivato ad ammontare quello di Alitalia, poi Cai e infine ita prima di essere dismessa da Draghi .
Già dall’insediamento con la riduzione dei ministeri da 18 a 8, il segnale è stato chiaro. Recentemente, Milei ha presentato un ambizioso decreto di deregolamentazione che mira a dismettere progetti infrastrutturali costosi non ancora iniziati, licenziamento di molti dipendenti pubblici assunti negli ultimi mesi, liberalizzazioni senza vincoli per esportazioni e importazioni sino ad oggi fortemente regolamentate con logiche protezionistiche e liberalizzazione di compravendite anche a stranieri.
Se questi provvedimenti trovano già come naturale una forte opposizione, non solo politica ma anche degli apparati statali, comprensibilmente minacciati dal loro nuovo presidente, trova già molta opposizione più o meno spontanea in quella larga fetta di popolazione che vive grazie all’impegno pubblico e che manifesta in piazza.
I prossimi mesi saranno cruciali per il governo di Javier Milei e per l’Argentina augurandoci che il Presidente Nostradamus, (esistono molti video su YouTube che mostrano Milei prevedere situazioni che si sono puntualmente verificate da qui soprannominato Nostradamus) possa riuscire nel suo piano e lavoro di ristrutturazione del debito e dell’ economia argentina, gli va riconosciuto il merito di aver svegliato ed alzato il livello di dibattito politico economico di un paese prossimo alla catastrofe e di aver ottenuto un mandato da un popolo abituato e assuefatto a politiche assistenzialistiche.
Rimane da chiederci se un Italia priva delle difese dell’ Europa e dell’euro non sarebbe già in situazioni peggiori rispetto a quelle in cui versano i cugini argentini, un Italia il cui dibattito è fermo alla contestazione di Pandori sponsorizzati o pagamento e rifinanziamento di bonus e SUPERBONUS , diretto da una classe politica inadeguata per dirla come De Luca e incapace di vedere oltre gli interessi del proprio mandato.
Milei è senza ombra di dubbio il vero Leader del 2024 non fosse altro per il fatto che gli argentini si interrogano sulla validità di teorie economiche della scuola liberale d’Austria piuttosto che di Chicago, sugli errori di un interventismo Keynesiano o sulla politica monetaria di Milton Friedman. In Italia ancora oggi c’è chi segue il miraggio di una società collettivistica o che ritiene che lo stato dovrebbe essere ancora più influente. Speriamo che arrivi anche da noi un Javier Milei.