Perché la Russia cerca di accreditarsi o ritagliarsi un posto o ruolo da mediatore nel conflitto israelo palestinese?
Le tessere del puzzle internazionale Putiniano ci sono tutte, la domanda che non solo gli analisti militari e internazionali si pongono è cosa c’è realmente dietro questo inaspettato e sospettoso attivismo diplomatico della Russia ?
Infatti Rappresentanti di Hamas, Jihad Islamica, Fatah e di un’altra decina di fazioni palestinesi si riuniranno da oggi al 2 marzo a Mosca per un incontro sotto l’egida russa, che – parola di Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri e inviato del presidente Vladimir Putin per il Medio Oriente e l’Africa – ha “l’obiettivo di aiutare le varie forze palestinesi a compattarsi dal punto di vista politico”.
La Russia ha una storia di relazioni profonde con Hamas.
Questo attivismo militare e diplomatico che probabilmente nelle intenzioni dell’ autarca Russo malcela una rinnovata ambizione di poter riportare il suo Paese agli splendori Sovietici, pensando di poter ricreare un assetto geopolitico ante caduta del muro di Berlino.
Nostalgia legata e radicata nel nostro da quando militava nel KGB appunto a Berlino.
Diversamente non si può spiegare solo dal punto di vista di accaparramento di interessi strategici e minerari, più o meno casuali dettati da una vaga bulimia mineraria e geopolitica, interessi che certo ci sono e sono innegabili, ma che nel caso del nostro non sembrano essere determinati per un successo militare che ormai pare essere definitivamente tramontato sul fronte ucraino.
Piuttosto viene da chiedersi se tutti questi tasselli possano essere casuale o se come penso non facciano capo piuttosto ad un preciso piano ben più complesso che speriamo nella mente dell’ autarca non corrisponda alla carta del Risiko come obbiettivo ” conquista il mondo”, ma banalmente possa essere conquista 24 territori.
Battute a parte è innegabile un’attivismo russo che si va concentrando nello scacchiere medio orientale, dove la Russia è presente già in Mali con la Wagner e in Siria questa presenza è sicuramente una spina nel fianco occidentale.
L’ interventismo militare del Presidente Macron in ucraina, prontamente smentito e ridicolmente svelato come un bluff forse tradisce proprio una ferita nell’ idea grandeur francese che ha colpito nell’ orgoglio storico di potenza coloniale i cugini d’ oltralpe, che dell’ influenza nordafricana mantenevano un’ identità e alone di potenza al di fuori dell’ Europa e che invece, come svegliati bruscamente da un sonno si è vista sostituire dalla Russia in Mali, paese complicato, povero, ma ricco di risorse minerarie.
In questo Risiko anche l’ inquilino del Cremlino d’altro canto si trova a fronteggiare una inaspettata difficoltà interna, che seppur fievolmente trapela in questi giorni dopo la morte in carcere di Navalny principale suo oppositore. Può essere plausibile il tentativo di distogliere l’ attenzione internazionale da parte di Putin per avvenimenti che niente hanno a che fare con la scomparsa la scorsa settimana e la conseguente repressione interna che Putin sta adottando per soffocare il ricordo di Navalny?
È possibile ipotizzare una strategia estera Russa alla luce degli innegabili insuccessi della tentata invasione ucraina?
Anche se per adesso la guerra in ucraina è ad un nulla di fatto sia per Zelwnsky il cui unico risultato è stato riuscire a resistere e sia per Putin che è riuscito solo a distruggere radere al suolo Mariupol e occupare la striscia di terra che lo unisce alla Crimea?
Tenendo presente il raffreddamento e palese disinteresse di quelli che inizialmente erano quanto meno suoi interlocutori apparentemente neutrali come Cina india e turchia, le prime due adesso in crisi per i traffici commerciali col vecchio continente e forse irritate dagli attacchi houthi nello stretto di Badel Mandeb i cui atti di pirateria ai cargo che si dirigono verso Suez stanno danneggiando i flussi commerciali di entrambe le potenze asiatiche, attacchi è bene rammentare finanziati dall’ Iran ormai partner strategico della Russia in medioriente.
E in tutto questo l’ Europa che fa’?
Attende l’ esito delle elezioni USA sperando di poter evitare con la rielezione del tycoon di dover frugarsi in tasca e realizzare realmente un esercito europeo che ovviamente implica una politica estera unitaria che non possa essere legata ai veti Ungheresi oggi, polacchi domani o ciprioti doma l’altro.
Quindi in caso di perdita di Biden perché ormai è chiaro che i due contendenti alla casa bianca saranno nuovamente loro, salvo sorprese dell’ ultimo minuto, ecco in attesa appunto di sapere se l’ Europa dovrà fornirsi di una efficiente difesa terrestre, proprio nello stretto di Babel Mandeb si stanno facendo le prove generali con una flotta che appare una riedizione di quella di Don Giovanni d’Austria e che ha visto sparare per la prima volta dalla seconda guerra mondiale una nave tedesca costretta a neutralizzare due droni houthi.
L’ importante è non dimenticare che lo scacchiere è grande e l’ interesse e appetito Russo arriva anche fino alle calotte polari.