A Firenze in Piazza Santissima Annunziata nel palazzo Budini Gattai già Palazzo Grifoni, c’è una stanza chiusa che ha sempre una finestra aperta prospicente la piazza. Era la stanza di una nobildonna fiorentina che sposò un rampollo della famiglia Grifoni. Poco dopo il matrimonio però lui dovette partire in guerra con l’esercito fiorentino. Lei lo attese in vano per lungo tempo ma lui rimase ucciso in battaglia e non fece mai più ritorno.
Quando la nobildonna morì e il feretro venne portato via dalla stanza, i parenti chiusero la finestra che guardava la piazza e dove lei ere solita affacciarsi. Non fu una scelta felice perché nella stanza iniziarono a volare libri ed oggetti, quadri che si staccavano dalla parete e una serie di altri eventi che appena la finestra venne aperta di nuovo improvvisamente cessarono.
Col passar degli anni c’è chi ha riprovato a richiuderla ottenendo però lo stesso risultato, così è stato deciso di mantenerla sempre aperta. Si pensa che lo spirito della nobildonna ancora attenda il ritorno dell’amato sposo e che si affacci sulla piazza in attesa di vederlo tornare. Il racconto di oggi narra una vicenda ambientata nel giorno del capodanno Fiorentino che è ogni 25 Marzo.
Nel momento in cui il corteo storico della Repubblica Fiorentina attraversa la piazza Santissima Annunziata per ricevere e dare omaggio nella chiesa della Santissima Annunziata nel giorno appunto dell’ annunciazione. Sarà stato un sogno o era la realtà? Per saperlo leggete il racconto qui di seguito.
Capodanno Fiorentino
Ricordo quel 25 Marzo ma non ricordo l’anno, fu subito dopo la pandemia nella prima uscita del corteo storico della repubblica fiorentina, del quale faccio parte, in occasione del nostro Capodanno Fiorentino. Era una bella giornata di Marzo e finalmente tornavamo a riveder le stelle anche di giorno. Quelle stelle che la pandemia che il Covid-19 ci aveva spento rubandoci l’anima nel più profondo di noi stessi. Partimmo come sempre dal Palagio di Parte Guelfa, il mio costume da armato di cavalleria tornava finalmente in vita, l’armatura e le armi brillavano al sole pulite e lucide per far nuovamente magnifica la mia Fiorenza. C’era molta gente, stavolta tanti fiorentini, i turisti erano molti meno a causa della lenta ripresa dopo la chiusura totale dovuta al virus.
Ci preparammo tutti al meglio e dopo la vestizione fummo pronti a partire. Scendemmo nella piazzetta di Parte Gelfa in attesa di partire. A postooooo! Gridò il Capitano del distretto e del contado e tutto il corteo si dispose pronto a partire. Passoooo! Fu l’ordine successivo, i tamburi iniziarono a scandire il tempo sostenuti dai musici, i pifferi e le chiarine. Il passo era scandito lento sul piede sinistro e il lungo corteo in moto sembrava un serpente che tornava a muoversi dopo essersi scaldato al sole dopo un lungo letargo invernale. Le vie del centro intorno a noi tornavano a vivere e lo trasmettevano attraverso le antiche mura che per l’occasione sembravano intonacate di fresco. Il cuore batteva forte in me come credo in chiunque fosse stato quel giorno lì nel corteo, fiero e orgoglioso del proprio costume e di render magnifica Fiorenza! Avanzavamo composti verso la bellissima chiesa della Santissima Annunziata e anche se il caldo iniziava a farsi sentire mouvevamo fieri e senza un lamento come sempre si fa. Arrivati nella piazza però mi accade un fatto che non ho mai reso noto a nessuno.
Credo che nessuno se ne sia accorto e adesso ho deciso di raccontarlo. Mentre arrivavamo in piazza della Santissima Annunziata mi accorsi che intorno a me si fece una strana nebbia, lieve, leggera e trasparente che mi avvolse. Rimasi per un paio di secondi senza respiro e con la vista annebbiata, avevo paura di perdere il passo. Un profumo di rose intenso pervase l’aria e per terra vedi mille petali rosa rossi, che ad ogni mio passo svanivano e tornavano senza lasciar traccia delle mie impronte. Il passo non lo persi e appena mi ripresi eravamo giunti nella piazza. Vidi accanto a me una dama bellissima in un vestito d’epoca cinquecentesco, come quelle delle madonne fiorentine del nostro corteo. Era bellissima, un volto semplice, pulito e chiaro, solare, con due grandi occhi azzurri profondi, un’acconciatura bionda e leggera incorniciava una semplicità che apriva il cuore.
Una bellezza del tutto Fiorentina, paragonabile alla Beatrice del Dante del maestro Pupi Avati. Mi sembrò di averla conosciuta da sempre e senza curarmi di chiederle subito chi fosse o cosa facesse lì nel nostro schieramento fuori dal suo gruppo, la salutai con un sorriso a tutto cuore e semplicità in onore della sua grandiosa bellezza. Mi guardò e col suo sguardo mi penetrò l’anima. Non so se fosse stato un sogno o era la realtà, ma eravamo come sospesi nel nulla, al di fuori del tempo, lontani da tutto e da tutti con Firenze intorno che sembrava fosse davvero il 500 ma allo stesso tempo avevamo la città moderna accanto a noi. Il corteo, la gente e tutto sembrava così reale e così surreale al tempo stesso che credetti di star male. Stavo per cadere, ma lei bellissima, s’accorse che stavo per cadere e con un suo respiro profondo mi fece magicamente riprendere. Mi tirai subito su senza toccar terra e non ebbi più paura.
Ero emozionato, le gambe comunque mi tremavano, ma incrociai nuovamente il suo sguardo, la vidi e nel renderle nuovamente omaggio esclamai: Buonasera Madonna!….Mi guardò e con fare grazioso, con voce soave, rispose: Buonasera Messere!….Nicola, le dissi, col groppo in gola, mi chiamo Nicola…Mi osservò e con un sorriso rassicurante e nascosto mi disse…si lo so! Facendomi sobbalzare il cuore. Intanto andavo avanti nel corteo, trasportato da una strana forza. Intorno a me i miei compagni che vedevo e tutto sembrava normale, reale. La sfilata proseguiva ed eravamo ormai prossimi ad entrare nella magnifica chiesa della Santissima Annunziata.
Continuavo a sfilare senza perdere il passo ma la mia dimensione non era quella che gli altri vedevano intorno a me. Non me ne curai troppo, tutto scorreva e non avevo paura, ero felice. Era come se fossi tra due dimensioni nello stesso tempo, come se l’anima si fosse staccata dal corpo e il corpo andava avanti da solo. Lei era li accanto a me. Le porsi la mano destra, lei la prese, i nostri sguardi s’incrociarono e continuando a camminare iniziammo a parlare. Mi disse in poche parole che era una nobile ed aveva sposato un nobile cavaliere del casato dei Grifoni, caso volle che nel ramo della mia famiglia da parte di mamma ci sia un ramo del casato Grifoni. Così iniziammo il dialogo, senza regole o riverenza alcuna nonostante il suo nobile rango.
Mi sembrava di conoscerla da sempre e non avevo timidezza nel domandarle le cose. Le chiesi se fosse nata a Fiorenza e mi rispose di sì, certamente! Poi mentre stava per iniziare a raccontarmi la sua vita, improvvisamente si staccò, mi salutò col suo bel sorriso e io tornai alla realtà proprio mentre stavamo entrando nella bellissima chiesa della Santissima Annunziata. I Tamburi segnavano il passo e insieme a tutto il corteo entrai sfilando con aria fiera. Vidi alla mia sinistra le bellissime lampade votive d’argento donate dai fedeli e gli stupendi affreschi. Dentro di me anche se ancora ero frastornato dell’accaduto mi sentivo bene. Avevo mille farfalle in corpo e ripensavo a quello strano momento che avevo vissuto.
La cerimonia in chiesa fu abbastanza breve e uscimmo dalla basilica, ordinati pronti a schierarsi nuovamente a seconda dell’ordine di composizione del corteo. Uscii con la testa fra le nuvole e poco prima di metter piede fuori dalla chiesa mi venne di voltarmi verso l’altare alle mie spalle. Non credevo ai miei occhi, la vidi la, era in ginocchio davanti all’altare, raccolta in preghiera nel suo bellissimo vestito cinquecentesco, nessuno però s’accorse di lei, tutto scorreva come se lei non ci fosse, nessuno la vedeva tranne me. Per un istante si voltò verso di me e coi suoi splendidi capelli biondi e gli occhi azzurri mi regalò nuovamente il suo bellissimo sorriso.
Il mio cuore trasalì di nuovo e ripresi a camminare imbambolato. Ancor più tremante di prima uscii sul sagrato e mi congiunsi al corteo. Pensai che non l’avrei mai più vista, ma ad un tratto mi sentii chiamare…Nicola! Messer Nicola! Sono io, non mi porge la mano messere? E dietro una dolce risata…ebbi paura, ero quasi risentito di quel piccolo scherno, ma poi vedendola le sorrisi e le dissi….Certo Madonna ci mancherebbe, poterle porgere la mano è per me il più grande degli onori…Voi mi adulate rispose…
No no credetemi sono sincero, le dissi, la vostra bellezza è tale che il non rivedervi più mi avrebbe fatto creder morto…sorrise e riprendemmo il nostro cammino, come prima il tempo sembrava essersi fatto in due solo per noi.
Vedete, mi disse: ora che vi conosco è giusto che sappiate chi io sia e perché son qui da voi. Io son quella nobile donna che abita quel palazzo, e con la mano libera m’indicò Palazzo Grifoni divenuto oggi Budini-Gattai.
Ah dissi io un bel palazzo, deve essere antico, chissà quante stanze…come fate ad abitare li oggi con tutte quelle stanze? Non vi sentite sola?
Beh! rispose:è molto grande si davvero, ma io abito in una stanza sola, quella lassù…e m’inidcò la famosa stanza, quella con la finestra sempre aperta, che si dice sia abitata da un fantasma, il suo appunto. Mi sentii allora mancare nuovamente e la paura mi assalì di nuovo, ma lei mi guardò negli occhi e nuovamente tutta la paura scomparve. Non temete mi disse, non sono qui per spaventarvi ma per rendervi grazie.
Ascoltate: io sono quella dama che tanti anni fa sposò follemente innamorata il suo cavaliere, tale Grifoni. Lui altrettanto era innamorato di me e le nostre vite avrebbero avuto un futuro roseo e tranquillo, con tanti figli, tanta felicità e serenità nel segno dell’amore. Ma la follia dell’uomo è tale che lui dovette soddisfarla e partire per la guerra. Da allora non è mai più tornato…Io l’ho atteso invano per tutta la vita, poi un giorno mentre filavo alla finestra mi addormentai senza accorgermene e capii di esser morta appena vidi il mio corpo dal soffitto della stanza che veniva adagiato sul letto.
Mi sentii persa nel dover abbandonare il mio posto, la mia finestra e non poter piu attendere il mio sposo. Cosi decisidi restarci lo stesso e tutt’ora sto li ad attenderlo. Seduta accanto alla mia finestra attendo quel giorno in cui possa rivederlo arrivare sul suo cavallo all’imbocco della piazza e che il suo sorriso, simile al vostro mi saluti nuovamente. Ecco perché oggi sono scesa e son venuta da voi. Molte troppe tante cose sono cambiate da allora, me ne rendo conto, i costumi, la gente, i modi, le carrozze, i cavalli e mille altre cose sono diverse da allora. Ma il sorriso e gli sguardi della gente non cambiano, come quello dei bambini che prima stavano in quell’istituto accanto al mio palazzo e oggi non ci sono più.
Ma li vedo andare a scuola e ridere lo stesso felici come un tempo, anche quando non sapevano chi fossero i loro genitori. Voi assomigliate molto al mio amato sposo, nel sorriso e nelle vostre espressioni. Così dopo quasi due anni che non vi vedevo passare col corteo, stavo in pensiero, privata della presenza e della visione del mio sposo, venivo privata anche dal poter rivedere i costumi e l’esercito che vedevo in quei tempi? Non lo avrei mai potuto accettare e stavo pensando di creare un pò di nuovo scompiglio nel palazzo, come quando mi chiudono la mia finestra. Finalmente dopo un pó lo hanno capito e la lasciano sempre aperta. Allora vedendovi arrivare e sentendo prima i tamburi e i musici sono scesa cercandovi e venendovi accanto, proprio a voi che tanto somigliate al mio sposo!
Madonna le dissi…mentre il corteo s’avviava verso la fine della piazza. Io sono onorato di voi, della vostra scelta e della vostra presenza che quasi non trovo parole. Ma sappiate che voi con la vostra storia m’avevate già preso il cuore fin da quando ne ero venuto a sapere. Oggi però vi ho qui, accanto a me, in questa dimensione sospesa, leggiadra e bellissima. Vi tengo per mano accanto a me e con voi rivivo i tempi e le emozioni di quell’epoca che ognuno di noi nel corteo vive per farla rivivere ed omaggiarla in eterno. Avete ragione, la follia dell’uomo è la guerra e mi dispiace per il vostro sposo, spero che un giorno possa di nuovo tornare da voi!
Messere, mi disse: voi non capite. Ormai ho perso le speranze per tornare a vederlo, ho scelto di restar qui in attesa di lui ma lui è volato via, non lo rivedrò, ma il suo ricordo lo avrò sempre con me finché tutto non finirà e mi ricongungerò a lui…ma fino ad allora mi basterà vedervi. Vedere passare il corteo di Fiorenza, ogni anno sotto la mia finestra, vi guarderò sfilare e sarò sempre con voi anche se, dopo oggi non mi rivedere mai più. La piazza stava per finire e mi sentivo strano, stavamo per dirci addio.
Madonna, le dissi allora: perché mi dite così? Se oggi siete qui non vi sarà difficile tornarci un’ altra volta non trovate?
Messere! mi disse gurdandomi con tenerezza: il mio posto è la a quella finestra in quella stanza e li voglio restare. Scendendo giù mi son sentita abbandonare dalle mie forze e tutt’ora non vedo l’ora di tornare nella mia stanza, quello è il mio posto, li sono stata confinata e li devo restare…se mai un giorno quando più vi sarà opportuno, ponete una rosa, rossa, sotto la mia finestra in modo che la possa vedere. Non salite, non portatemela in stanza, non vi sarà consentito, ma sarà il vento a portarla da me e io ne spargerò i petali e l’odore su tutta la piazza, così renderò omaggio al mio sposo.
Madonna! risposi: sarà fatto! E pian piano la vedevo svanire, ma prima che svanisse del tutto riuscii comunque a dirle queste poche parole.
Madonna: io non posso amarvi adesso, ma la vostra bellezza mi riempie il cuore e la mia anima ne resta avvolta. Il vostro sguardo e il vostro sorriso mi rendono pieno di voi e forse sono quello sposo che tanto avete amato e da tanto attendete. Se questo fosse realmente, ditemelo che vi raggiungerò subito senza esitare troverò il modo di farlo.
Messere mi disse: il tempo e l’amore possono attendere non preoccupatevi. Piuttosto, prima che io vada lasciatemi un sorriso dei vostri, che terrò sempre con me!
Diventai rosso, col cuore che batteva forte. Le mandai il sorriso. Lei intanto aveva già iniziato a salire su verso il palazzo e la sua stanza. Ormai eravamo quasi del tutto fuori dalla piazza. Si voltò verso di me per l’ultima volta, prese il mio sorriso con sé e me ne rese uno suo altrettanto bello che mai ho rivisto in così tanta bellezza, dal quale stavolta per poco non svenni sul serio come con un attacco di sindrome di Stendhall. Così svanì e la persi di vista. Tornai in me, eravamo già in via dei Servi e nessuno si era accorto di nulla. Continuammo a sfilare e rientrammo al Palagio di Parte Guelfa.
Mi cambiai e tornai a casa, non ho mai raccontato a nessuno quanto sia successo, ma da allora non ho mai smesso di pensarci, ed oggi in queste poche righe continuo a chiedermi se sia stato un sogno o era la realtà. So solo che un giorno di primavera, in una bella giornata con la mattinata fresca e il sole alto, comprai una rosa, rossa, e la portai in piazza Santissima Annunziata, mettendola sotto la sua finestra in modo che si vedesse. La rosa rimase un pò lì ed io seduto in disparte la guardavo. Passava il tempo e non succedeva niente, mi stavo quasi convincendo che tutto fosse stato un sogno, ma ad un tratto in quella mattinata serena e senza vento, una folata s’alzò dal fondo della piazza portando con sé la rosa in alto nel cielo e in breve tempo sparì dalla mia vista.
Attesi un istante e poi mi alzai abbastanza appagato, facendo per andar via.Ma in quel momento un dolce profumo di rosa pervase la piazza e iniziò a cadere una pioggia di petali di rosa rossi. I turisti, gli unici presenti insieme a me in quel momento, alzarono gli occhi al cielo stupiti e allegri dello spettacolo. Alzai anch’io lo sguardo e nel cielo intravidi mille piccole manine che lanciavano giù i petali.
Voltai lo sguardo verso la finestra e il suo sorriso nuovamente per un istante m’apparve, poi tutto svanì in un istante e dei petali e del profumo non rimase più traccia. Tornai a casa portando con me nel cuore tutto quanto ho raccontato. Oggi ancora porto con me tutti quei ricordi e da sempre mi chiedo se sia stato un sogno o era la realtà.
Nicola Biagi