A fine aprile – sostanzialmente sotto il più completo silenzio della grande informazione – sono entrati in vigore i nuovi limiti elettromagnetici, che in Italia erano in vigore da 21 anni, ancorati ad un DPCM del 2003, a seguito alla Legge Quadro sull’inquinamento elettromagnetico (L. 36/2001), che aveva fissato a 6 V/m la soglia relativa a:
- il valore di attenzione per esposizioni in luoghi adibiti a permanenza umana per almeno 4 ore giornaliere (abitazioni, scuole, ospedali, luoghi di lavoro, parchi gioco, ecc..),
- l’obiettivo di qualità all’aperto e luoghi intensamente frequentati.
Un limite giudicato cautelativo e frutto di un compromesso scientifico, tra le esigenze di sviluppo delle telecomunicazioni e di minimizzazione del rischio di esposizione.
La legge sulla Concorrenza, approvata il 30 dicembre scorso, ha definito il nuovo tetto da non superare, entrato in vigore a fine aprile: 15 V/m, due volte e mezzo il valore precedente.
Secondo molti. non esiste alcuna ragione tecnica per aumentare le soglie ambientali dei campi elettromagnetici per la popolazione, ma è stata compiuta una scelta per ridurre l’impatto economico degli operatori, sui quali ricadrebbero i costi di una “reingegnerizzazione” (adeguamento) degli impianti, in vista della implementazione della tecnologia 5G, qualora non fossero stati ritoccati i valori soglia.
Una scelta che viola il “principio di precauzione” a tutela della salute delle persone – sancito dalla legge quadro n. 36/2001 – e contro la quale si sono battute numerose associazioni ambientaliste e per la salute, ma anche vari scienziati esperti in materia.
Nella banca dati degli indicatori ambientali di ISPRA sono disponibili molti dati in merito a queste antenne. A fine 2023 risultano presenti sul territorio nazionale 24.707 SRB (di cui un migliaio in Toscana) e 7.772 RTV.