Alessandro Pagani è nato a Firenze nel 1964, dove vive .Durante gli anni ’80 ha partecipato al movimento underground fiorentino Pat Pat Recorder.Nel 1988 inizia un percorso come musicista con svariati gruppi, tra i quali Stropharia Merdaria, Parce Qu’Il Est Triste, Hypersonics (con cui ha partecipato ad Arezzo Wave nel 1990), Subterraneans, Malastrana e successivamente Valvola (assieme a Giuseppe Barone e Gianni Antonino, coi quali ha fondato l’etichetta discografica indipendente Shado Records attiva fino al 2007).Attualmente batterista del gruppo rock Stolen Apple (l’album di debutto Trenches è uscito nel 2016, a cui ha fatto seguito Wagon Songs nel 2020) e del trio punk rock EST?, è anche ideatore della pagina ironica “Meme

 

 

Puoi parlarci del significato dietro il titolo “Due Acca Hho”?

È un gioco di parole che ironizza sull’uso della lettera H, ancora problematico per molti; in più richiama la formula chimica dell’acqua, presente nel disco a livello sonoro e astratto, a significare una sorta di nuovo battesimo a cui dovremmo tutti risottoporci, visti gli abomini che l’uomo sta compiendo in questo momento.

 

Come è nato il progetto Puah e cosa rappresenta per te la Piccola Unità Anti Hi-Fi?

Dopo la pubblicazione del secondo disco con gli Stolen Apple (“Wagon Songs”), uscito purtroppo pochi giorni prima della chiusura di gran parte delle attività a causa del Covid, avevo portato in supervisione al gruppo alcune bozze di brani che avevo composto durante la pandemia, semplici melodie fatte con voce e chitarra. Le composizioni erano però distanti dalle sonorità della band, per cui decisi, spinto anche dagli Stolen, di proseguire gli arrangiamenti in autonomia facendomi aiutare soltanto dall’elettronica, che ho sempre amato fin dagli inizi. Da lì l’idea del progetto, che è un vero e proprio DIY.

 

Quali sono le influenze musicali e artistiche che hanno ispirato questo album?

Certamente la new wave fiorentina degli anni ’80, a cui sono particolarmente legato perché il mio percorso musicale nacque proprio in quegli anni. In più, le opere dei grandi maestri italiani, le atmosfere cinematiche dei B-movies, l’italo disco, l’indietronica e il lo-fi, che stanno ancora segnando le mie attitudini a livello musicale. Artisticamente parlando, non posso dimenticare l’avventura vissuta con Pat Pat Recorder durante la metà degli anni ’80, storico spazio underground fiorentino, con cui iniziai ad esplorare il mondo dell’arte attraverso allestimenti, performance, vernissage e installazioni sonore.

 

C’è un filo conduttore o un tema principale che attraversa le canzoni dell’album?

L’acqua. È nato tutto da una poesia di mia sorella Daniela, cantante e scrittrice e prima bambina fiorentina a partecipare allo “Zecchino D’Oro”. Daniela è purtroppo scomparsa nel 1987 e in una delle sue poesie, intitolata “Daydream”, raccontava di un sogno dove alcune fontane in un paese perdevano acqua. Daniela, nel sogno, le riparava tutte, ma tornando indietro durante il suo percorso le fontane perdevano nuovamente. Allora Daniela si addormentava ai piedi di una di esse e sognava che le fontane non perdevano più. Nel primo disco di Stolen Apple “Trenches” avevo tradotto la poesia in inglese e composto, assieme al gruppo, le musiche. Era nata così la prima versione di “Daydream” (c’è anche un video realizzato da Michele Faggi di Indie Eye). In “Due Acca Hho” ho rielaborato il testo ed è nata una nuova versione, dedicata anche in questo caso interamente alla memoria di mia sorella Daniela.

 

Puoi descrivere il processo creativo dietro la realizzazione di “Due Acca Hho”?

Non esiste una regola ben precisa, anche perché ogni brano è nato spontaneamente sollecitato da un suono, un ricordo, una parola. Non per niente Puah (acronimo di Piccola Unità Anti Hi-Fi) rifugge dalla tecnologia più spietata, fatta di algoritmi e intelligenza artificiale, poiché ritengo che la bellezza si celi anche dietro l’imperfezione. Il progetto Puah tenta di preservare l’immediatezza del momento e lo stato di grazia, a difesa dell’errore che ci rende ancora umani.

 

In che modo il tuo background con Valvola/Shado Records e Stolen Apple ha influenzato il tuo lavoro attuale con Linglan Band e il progetto Puah?

Credo che il metodo creativo di ognuno richiami in modo naturale ciò che è stato fatto nel passato. Ogni esperienza fatta è un bagaglio che tutti, volenti o nolenti, ci portiamo sempre appresso. Di conseguenza, la scelta di un suono o di un loop ritmico nel mio caso è stata sicuramente originata anche da ciò che la memoria ri-attualizza nel presente. Nel mio caso non parlerei di revival o déjà-vu, le sonorità sono differenti, piuttosto della celebrazione delle più personali e intime esperienze vissute, che nell’album cerco di (ri)proporre alla mia maniera. Ho attinto sicuramente da Shado e Valvola le atmosfere cinematiche e la disco, con Stolen Apple e Linglan una sorta di approccio punk/psichedelico. Riassumendo in un termine le atmosfere del disco, direi songwriting barocco retro-futurista.

 

Quali strumenti e tecniche hai utilizzato per ottenere il particolare suono di questo album?

Mi sono affidato a una DAW che si chiama Soundtrap, e sopra ci ho suonato una chitarra classica. Riguardo la voce, ho cercato di estremizzarla attraverso effetti distorti e ho usato spesso il controcanto, per cercare di rendere il suono più spaziale. Oltre a ciò, i campionamenti sonori e vocali che ho scelto hanno la peculiarità di incastrarsi molto bene con le vibrazioni del disco, perché appaiono sintetici ma risultano, allo stesso tempo, incredibilmente naturali.

 

Hai collaborato con altri artisti per la realizzazione di “Due Acca Hho”? Se sì, chi e in che modo hanno contribuito al progetto?

Ho soltanto coinvolto i miei colleghi di lavoro e la mia compagna per i cori di “Daydream”, per il resto è tutto do-it-myself.

 

Ci sono canzoni nell’album a cui sei particolarmente legato? Se sì, quali e perché?

Detto di “Daydream”, citerei “Each is One”, unico brano in inglese del disco e una delle prime composizioni che ho realizzato nel lontano 1991, presentato all’edizione di quell’anno di Arezzo Wave, quando fui l’ideatore del progetto di musica elettronica Hypersonics. Il brano parla della consapevolezza di un ragazzo che si ritrova uomo il quale, davanti alle responsabilità che lo attendono, si rende improvvisamente conto che dovrà da lì in poi cavarsela da solo.

 

Come speri che il pubblico riceva questo tuo nuovo lavoro?

Mi piacerebbe che il fruitore comprendesse la genuinità del risultato, un’opera artigianale certamente di nicchia, ma che può sorprendere per la passione e la sincerità con cui è stato realizzato.

 

Hai in programma dei live o degli eventi speciali per promuovere l’album?

Mi sto organizzando, assieme a un bassista e a una corista, per presentare il disco dal vivo. Ci vorrà un po’ di tempo perché la dimensione live di Puah dev’essere costruita da zero ed è una nuova situazione per me, a differenza dei live che ho eseguito negli ultimi tempi con le altre band, a parte Valvola, con i quali la programmazione elettronica era abbastanza presente.

 

Quali sono i tuoi progetti futuri sia con Puah che con EST?

Sicuramente uscirà il secondo disco di Puah, che posso anticipare avrà atmosfere più disco. Riguardo Linglan Band, adesso che abbiamo trovato la voce femminile, non ci fermerà più nessuno.

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