La proposta è quella di ribaltare il modello previsto dalla Legge Golfo-Mosca (L. 120/2011).
La legge introduce l’obbligo, per le società a controllo pubblico, di nominare nei CdA e nei collegi sindacali almeno 1/3 di membri del genere meno rappresentato (art 3), di solito donne.
Questo strumento, impropriamente chiamato “quote rosa”, è spesso criticato perché si ritiene erroneamente che sia contro la meritocrazia, che si scelgano cioè candidate donne solo per il genere e non per le loro competenze
È una critica ingiusta e da smontare. La legge non prevede questo, non prevede che il genere
meno rappresentato sia esentato dal possedere i requisiti di professionalità previsti per tutti i nominati.
Anche la successiva osservazione sul fatto che non ci siano abbastanza donne con quelle competenze è, di nuovo, scorretta. A livello nazionale e locale ci sono donne professioniste, imprenditrici, manager, professoresse universitarie e ricercatrici, perfettamente in grado di ricoprire quelle posizioni come risulta da numerosi data-base di donne esperte in ogni
disciplina. da auelle scientifiche a quelle economico-tinanziane e sportive
La proposta è guindi finalizzata ad aumentare il numero delle donne nei CdA e collegi sindacali delle societa partecipate e tutti gli enti in generale, sovvertendo gli attuali schemi che relegano le donne a quelle minime posizioni obbligatorie per legge.
Le proposte sono molte, ad esempio:
dal principio di “discriminazione positiva”, in base al quale, ad esempio, la donna può essere preferita a parità di condizioni rispetto ad uomo alle “clausole di decadenza”: quando il numero delle donne rimane basso, il consigliere di genere maschile decade e viene sostituito automaticamente dalla 1° donna tra le escluse, alla “turnazione obbligatoria”: se, nel mandato precedente, il presidente CdA è stato di genere maschile, nel mandato successivo dovrà essere di genere femminile, ovviamente
sempre tra le candidate meritevoli
Le stesse proposte potrebbero essere applicate nelle associazioni e societa sportive considerato che le dirigenti donne nello sport sono in numero esiguo ed abbondantemente sotto il 20%