C certamente, la stragrande maggioranza di noi è giustamente preoccupata dal vaiolo delle scimmie, ma COVID-19 e il vaiolo non sono che l’aspetto sanitario più evidente e preoccupante della globalizzazione, quando questa mostra i suoi lati negativi. Tuttavia, esiste un altro tipo di “infestazione” che, curiosamente, proviene anch’essa dall’Estremo Oriente e risale addirittura al 1700. Si tratta dell’ailanto, una pianta particolarmente invasiva e velenosa, che fu importata probabilmente come ornamento esotico e per l’allevamento dei bachi da seta.
Ultimamente la sua diffusione è aumentata in modo particolare nelle zone urbanizzate e molti lettori vedendo la foto la riconosceranno.
È l’ incubo dei giardinieri, dove attecchisce è quasi impossibile estirparla se non in modo invasivo, estirpandone completamente le radici completamente e in profondità.
Quella che a prima vista potrebbe sembrare una pianta innocua, in realtà sta invadendo ovunque: parchi pubblici e privati, giardini, strade e perfino marciapiedi. Negli ultimi anni, l’ailanto ha dimostrato una capacità straordinaria di espandersi in modo incontrollato, divenendo particolarmente infestante e dannoso soprattutto negli spazi urbani. La sua crescita rapida e la sua resilienza eccezionale la rendono una vera e propria “idra vegetale”: è quasi impossibile da estirpare e le sue radici possono persino spaccare strade, pilastri e muri.
Questa pianta è un esempio perfetto di come l’introduzione di specie esotiche, anche con le migliori intenzioni, possa avere conseguenze disastrose sull’ecosistema locale e sulle infrastrutture urbane. La lotta contro l’ailanto è impegnativa, ma necessaria per preservare il nostro ambiente urbano e prevenire ulteriori danni.
Danni che possono arrivare a danneggiare anche il nostro patrimonio storico e urbano, dove in molti casi non è possibile una cura del verde frequente e capillare.
Purtroppo la resilienza di questa pianta è data anche dall’ assenza di patogeni naturali in grado di limitarne la crescita e diffusione.
Solo di recente si è scoperto una sua sensibilità ad un fungo ma l’ introduzione di questo potrebbe essere particolarmente dannosa il classico caso della cura che rischia di essere peggiore del male .