C’è qualcosa di profondamente umano nella lotta contro la natura, una sfida che si rinnova ogni volta come una storia antica, fatta di speranza e disperazione. A Sagginale, il campo sportivo sembra essere diventato il simbolo di una battaglia impari: il fiume, con la sua forza inarrestabile, torna a sommergere ciò che l’uomo costruisce con fatica, lasciando dietro di sé un tappeto di fango e desolazione. Martedì 28 gennaio 2025, la Sieve ha di nuovo mostrato la sua doppia natura: una bellezza naturale che si trasforma, però, in un nemico implacabile quando le piogge gonfiano il suo corso.
Quaranta centimetri di acqua e fango hanno ricoperto il campo sportivo, lasciando sgomenti i volontari della società. Gente comune, appassionati di sport e del loro paese, che ora si ritrovano, ancora una volta, a indossare stivali e guanti per cercare di salvare quel poco che si può salvare. Eppure, come si fa a non sentirsi scoraggiati? Come si può, con una stanchezza che non è solo fisica, ma anche mentale, continuare a combattere sapendo che presto, forse già al prossimo temporale, tutto potrebbe essere di nuovo perduto?
Un campo sommerso, ma non un sogno spezzato
Era successo già nel novembre 2023, e il ricordo di quella beffa brucia ancora: il campo era stato appena risistemato, con sacrifici economici non indifferenti, e il destino lo aveva inghiottito sotto un manto di fango prima ancora che potesse essere inaugurato. Oggi, la scena si ripete, come una tragedia ciclica. Il terreno, impregnato d’acqua e melma, sembra quasi gemere sotto il peso di un destino crudele, mentre il fango si insinua ovunque, trasformando ogni angolo del Comunale del Ponte di Annibale in un incubo logistico.
“Così non si può andare avanti”, confessano i volontari con voci rotte dalla fatica e dalla frustrazione. E come dargli torto? Ogni volta il rito è lo stesso: spalare, asciugare, cercare di evitare che i frigoriferi, i forni e tutto il materiale utile per le feste della società vengano compromessi. Le sagre, simbolo di una comunità unita, rischiano di finire sott’acqua, proprio come quel campo che, più che un luogo sportivo, rappresenta l’identità di un paese intero.
Un problema senza soluzioni facili
La verità è che servirebbero interventi strutturali seri: bastioni di protezione, opere idrauliche capaci di domare la furia del fiume. Ma queste soluzioni appaiono come miraggi lontani, progetti bloccati da burocrazia, mancanza di fondi o semplice inerzia. Intanto, si parla di un sogno tanto semplice quanto ambizioso: spostare il campo sportivo in un’area più sicura, lontana dalle insidie della Sieve. Ma chi ha mai visto un sogno realizzarsi senza lotta?
E mentre il futuro resta incerto, c’è il presente da affrontare. Prima che il fango si indurisca, rendendo ogni intervento ancora più complesso, c’è da liberare il terreno, salvare il salvabile e trovare una soluzione per la Prima Squadra e gli Juniores. Due destini sportivi che vivono oggi realtà opposte: i primi a lottare per restare a galla nel campionato di Prima Categoria, gli altri con lo sguardo rivolto al vertice del campionato provinciale. Ma dove si alleneranno? Dove giocheranno le loro prossime partite?
La lotta continua
Questa non è solo la storia di un campo sportivo. È la storia di una comunità che non si arrende, di persone che trasformano la fatica in resilienza e il dolore in determinazione. È la storia di uno sport che, come la vita, sa essere spietato ma insegna a non mollare.
Alla fine, il campo di Sagginale non è solo un luogo dove si gioca a calcio. È un simbolo di identità, una metafora della volontà di resistere, anche quando tutto sembra perduto. Perché, come diceva il grande Gianni Brera, “il calcio è il melodramma della fatica”, e qui, su questo campo sommerso, ogni goccia di sudore è un atto di resistenza contro un destino che sembra non voler lasciare tregua.
Ma c’è un’altra cosa che il calcio insegna: ogni partita ha un fischio finale, ma anche un nuovo calcio d’inizio. E forse, da questa nuova sfida, Sagginale troverà ancora una volta la forza di rialzarsi.